Breve excursus per fare la conoscenza di Enrico Coleman, il pittore che nel 1881 attraversò a piedi quasi tutti i Simbruini. E che non sopportava proprio l’idea dei lunghi viaggi.
Chi abita nella Valle dell’Aniene o ha un po’ di dimestichezza con il Parco dei Simbruini conosce Coleman come uno dei principali percorsi sentieristici dell’area protetta. Molto prima che i cammini di San Benedetto e San Tommaso irrompessero sulla scena dell’escursionismo, con tutto il loro sistema di community, selfie e timbrini, l’unico sentiero con un nome proprio di persona era il Sentiero Coleman. Un nome destinato a restare nella mente, vuoi perché la maggior parte degli altri sentieri si chiama come i robot di Guerre Stellari (696/a, 672/b, 651AV1 e via dicendo), vuoi perché un nome anglosassone negli anni ’80 faceva davvero molto fico. Altro che quegli autarchici sentieri Europa o Italia: voglio fare il sentiero Coleman e andare a vedere se mi porta lassù nel Montana tra mandrie e cowboy.
Ora, devo ammettere che di Coleman sapevo abbastanza poco. Sapevo che era stato un pittore e che se n’era andato in giro per i Simbruini nell’Ottocento, ma nulla più. E probabilmente nient’altro avrei saputo se non mi avesse incuriosito il nome italiano: Enrico. Pensando si trattasse di una italianizzazione, di quelle molto in voga durante il ventennio (ogni volta che leggo Wolfango Goethe un brivido mi corre lungo la schiena), mi sono messo a curiosare e ho scoperto che Coleman non solo si chiamava davvero Enrico, ma anche che è stato anche un personaggio piuttosto curioso.
Timor Panico (1883), Olio su tela | 115,148,5cm | Museo Nacional de Bellas Artes, Buenos Aires, Argentina
Speculum Dianae – Lago di Nemi (1909) Olio su tela | 107 x 107 cm Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale
« Erimo venticinque in compagnia De li soni. Fu un pranzo prelibato. Dopo pranzo fu fatta un’allegria Tutti a panza per aria immezzo ar prato A l’aria aperta, e dopo avè ballato, Ritornassimo in giù all’avemaria. »
Insomma, sarò io, ma ho l’impressione che far parte dei XXV della Campagna Romana sarebbe stato più divertente dell’essere membro dell’Accademia dell’Arcadia. Né d’altra parte poteva dirsi troppo sedentario uno che nel 1881, insieme all’ingegner Edoardo Martinori (segretario del CAI di Roma), si fa lasciare da una carrozza a Subiaco intenzionato ad andare in giro a piedi per quattro giorni attraverso i monti Simbruini. Passo passo, infatti, Coleman e Martinori si spostano da Subiaco a Jenne e a Vallepietra, per poi risalire a Monte Autore, attraversare Camposecco e raggiungere Camerata Vecchia e Camerata Nuova, prima di chiudere la traversata ad Arsoli. Davvero divertente il racconto che fa Coleman stesso del suo arrivo sotto la pioggia a Camerata Vecchia, dove la sua richiesta di vino (lo dicevo io…) resta miseramente inesaudita a causa di un bisticcio tra i pochi abitanti rimasti in quel borgo, distrutto da un incendio una ventina d’anni prima. Questo dunque il ritratto appena abbozzato di Enrico Coleman, pittore, camminatore e collezionista di orchidee che ha avuto l’onore – più unico che raro – di firmare involontariamente uno splendido percorso di montagna. Una delle sue migliori opere d’arte.