di Ettore Capitani

Un forestiero scozzese e una monaca poco convinta del suo destino claustrale sono i protagonisti della storia d’amore proibita di Casa Braccio, romanzo di fine ottocento interamente ambientato a Subiaco.

Correva l’anno 1895, dieci anni prima della pubblicazione del Santo di Fogazzaro, quando a New York veniva licenziato alle stampe Casa Braccio, un romanzo completamente ambientato a Subiaco. Il suo autore era Francis Marion Crawford, prosatore assai prolifico specializzato in storie di fantasmi, il quale era nato in Italia da genitori americani e vi aveva a lungo soggiornato, viaggiando spesso attraverso la penisola. Crawford aveva vissuto anche una parentesi romana e non da escludere che durante quel periodo avesse visitato Subiaco, visto con quale precisa cognizione descrive la nostra città, a cui è dedicato l’ampio incipit del suo romanzo.

Subiaco si estende oltre Tivoli, a Sud-Est di Roma, al vertice di un selvaggio dirupo tra le montagne sannite. (…) Condivide con Monte Cassino l’onore di essere stata scelta da San Benedetto e Santa Scolastica, sua sorella, come sito di un monastero e di un convento.

E proprio dal convento qui citato, che nella fantasia dell’autore appartiene all’ordine delle Carmelitane, prende le mosse la vicenda narrata, ricca di spunti inquietanti, molto vicini al noir, e di suggestioni tardo romantiche. Siamo nel 1844 e come consuetudine la nobile famiglia dei Braccio, principi di Gerano, ha costretto una delle proprie figlie a prendere il velo nel convento delle Carmelitane di Subiaco. Secondo una tradizione consolidata suor Maria Addolorata, in quanto discendente dai Braccio, è destinata in futuro a diventare badessa. Nello stesso periodo a Subiaco soggiorna un giovane medico scozzese, Angus Dalrymple, che i sublacensi distorcendone il nome hanno ribattezzato “sor Angoscia”. Il dottor Dalrymple è ospite nella locanda gestita da Stefanone, commerciante di vini con Roma, da sua moglie Sora Nanna e dalla loro figlia Annetta, le quali si occupano anche della lavanderia del convento.

Un giorno l’anziana badessa cade gravemente ammalata, proprio mentre il medico del paese Tommaso Taddei è rimasto ferito, vittima di una rapina; così, tramite Sora Nanna, Angus Dalrymple viene chiamato per sostituirlo. Introdotto nel convento il medico scozzese incontra suor Maria Addolorata e subito si invaghisce della giovane religiosa. La malattia della badessa si rivela lunga ed estenuante, perciò le occasioni di incontro tra sir Angus e la giovane monaca si moltiplicano, finché quest’ultima cede al corteggiamento dello spasimante e i due iniziano a progettare una fuga dal convento.
Una sera, di ritorno da una festa a Bellegra, Annetta avverte i sintomi dell’influenza. Per questo va a cercare il dottor Dalrymple nella sua stanza e, non avendolo trovato, da sola prende una medicina da un flacone nel quale le pare di riconoscere il farmaco di cui ha bisogno. La presunta medicina si rivela essere un potente veleno e la povera Annetta muore all’istante. Quando Angus Dalrymple scopre il corpo senza vita della ragazza, dapprima si dispera, ma poi ne fa strumento di un piano diabolico: nottetempo, con la complicità di suor Maria Addolorata, penetra nel convento, pone il cadavere di Annetta nel letto della sua amata, appicca un incendio alle coltri e poi scappa insieme con la stessa Maria Addolorata. L’indomani tutti crederanno che la monaca sia rimasta vittima delle fiamme e che Annetta sia fuggita con il “signore inglese”.

Da notare a questo punto che l’episodio del rapimento di una monaca dal convento di Subiaco era già stato raccontato da Alexandre Dumas nel suo romanzo Giuseppe Balsamo, quando il conte di Cagliostro sequestra la propria futura moglie Lorenza Feliciani. E chissà che entrambi gli episodi non risalgano a un fatto realmente accaduto che potrebbe aver colpito l’immaginario collettivo dell’epoca. Il romanzo di Crawford continua con i due fuggiaschi che si sposano su una nave britannica ancorata a Civitavecchia e, dopo numerose vicende che si sviluppano attraverso Roma e di nuovo a Subiaco, con Stefanone che alla fine, trascorsi molti anni, riesce a compiere la propria vendetta nei confronti di Angus Dalrymple.
Nelle opere di Francis Marion Crawford, ancora mai tradotte in italiano, ricorrono diverse volte personaggi sublacensi o della valle dell’Aniene, a testimonianza di un’attenzione particolare dell’autore americano nei confronti della nostra terra.

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